La notizia del tema in classe con il quale si richiedeva agli imberbi alunni chi avrebbero ucciso per primo, se la mamma, il papà o il fratellino, mi ha lasciato sconcertato. Ma si fanno ancora i temi in classe? Da restare allibiti!
Pensavo fosse una prassi legata alla riforma Gentile, ormai desueta, anacronistica e oltrepassata, alla stregua dell’inviare cartoline, vergare frasi d’amore allegate a vistosi mazzi di fiori, stilare lettere di raccomandazione per i propri protetti o i desiderata a Babbo Natale. Invece scopro l’esistenza d’insegnanti che danno temi.
Le maestre in questo caso sono andate di fretta per non suscitare clamori: meglio proporre un componimento così adesso anziché attendere l’approvazione dei matrimoni gay, ché poi tutto si complicherà. Oggi esiste soltanto la famiglia tradizionale. Nessun’altra. Ma a ben vedere il titolo del tema si direbbe che appartenga al genere “domanda trabocchetto”. Pare facile, invece nasconde delle sottigliezze: per papà si doveva intendere quello che prima stava con la mamma o quello che adesso ci vive insieme? E suo figlio sarebbe il fratellino oppure è solo un amico o un intruso? Se faccio fuori questo papà aggiunto, dopo posso riavere quello di prima o me ne arriva uno peggio? Svolgimento dagli esiti inaspettati, come l’impossibilità di sopprimere un genitore perché non lo si vede mai, occupato com’è a far carriera o a giocare le partite con gli amici di sempre. Oppure l’inutilità nel toglierlo di mezzo, siccome non dà alcun fastidio in quanto se ne sta tutto il tempo davanti alla tv o al pc. Per non dire dell’ipotetica ma neppur troppo irrealistica considerazione degli alunni: non uccido il papà intanto ha già detto che farà tutto da solo, prima o poi, perché non ha più lavoro.
Il titolo del tema era osceno. Non ci piove. La versione infima della più edulcorata ma non meno insidiosa domanda: «vuoi più bene alla mamma o al papà?».
Eppure i temi, questi meravigliosi strumenti per allenare la mente e metterci a confronto tra una questione e ciò che di essa crediamo di pensare, o alla quale mai finora abbiamo pensato, sono una rarità per davvero: se soltanto riprendessimo l’abitudine a svolgere in maniera compiuta, logica, ordinata le nostre idee riguardo a ciò che ci circonda, magari ci si renderebbe conto che gli errori più gravi, quelli segnati in blu anziché in rosso, non sarebbero tanto di sintassi o di ortografia quanto concettuali. E come sia frequente “andare fuori tema” allo stesso modo in cui un articolo sul web dà il via nei commenti a digressioni man mano più lontane fino a non c’entrare più nulla con l’argomento iniziale.
Poi, si sa, nei temi ci scappa sempre qualche indicazione personale che dice molto della nostra vita. Come quando, decenni e decenni fa, un’amica insegnante mi raccontò d’aver dato in classe alle elementari il seguente tema: “Che effetto ti fa il temporale?”. Un alunno narrò della sua esperienza di paura ma si consolò di non essere l’unico in casa a viverla così. Infatti pare che pure alla mamma i temporali non piacessero affatto perché quando di notte pioveva forte – e papà era via a lavorare – invitava lo zio a tenerle compagnia!
Restare aggiornati può salvare la vita.
Non so la tua, ma l’indolenza della mia pupilla è tale che, se al liceo le dessero mai un simile tema, pur di non scrivere troppo si dichiarerebbe obiettrice di coscienza.
Incredibile… il primo pensiero che mi è venuto e che ingenuamente notavo che era passato di moda ( illudendomi che fossimo diventati un pochino più furbi…) a quella domanda idiota e imbarazzantissima che tutti ( almeno quelli della nostra generazione ) ci siamo dovuti trovare spesso ad affrontare ( sentendoci obbligati a rispondere come a ” LASCIA O RADDOPPIA ? ” ) – vuoi più bene a mamma o papà ? – Beh… ero rimasto un pochino indietro, semplicemente con ” l’evoluzione ” si è passati all’omicidio. Mannaggia a me che non mi aggiorno mai…